Qualcuno, in tempi recenti, ha ipotizzato che, accanto ai conflitti regionali che travagliano un po’ tutto il mondo del dopo Guerra Fredda, sia in atto ormai un altro tipo di “competizione” fra potenze. Un conflitto in genere non “guerreggiato” secondo schemi tradizionali, ma non per questo meno duro e, soprattutto, determinante per il futuro dei, precari, equilibri mondiali. Potremmo chiamarlo la “Guerra delle Reti”. Reti di trasporto, ferroviarie, stradali... reti di gasdotti ed oleodotti... reti informatiche e telematiche... Insomma, il sistema nevralgico che innerva la nostra era, che vanifica le distanze, che rende il nostro Mondo più piccolo di quanto sia mai stato in tutta la sua storia precedente. Il tessuto dell’arazzo della cosiddetta Globalizzazione. Solo che, a differenza di quanto in troppi vollero credere e sperare subito dopo la fine della Guerra Fredda e l’implosione dell’URSS – gli anni un po’ folli e caratterizzati dal sorridente faccione di Bill Clinton – questa Globalizzazione non ha, com’è ormai evidente, portato al “migliore dei mondi possibile”, bensì ad un’epoca molto, molto più pericolosa di quella che l’ha preceduta. E le “reti”, lungi dall’affratellare i popoli, sono a loro volta strumento di geopolitica e causa ...
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