( di Paolo Petroni)
(ANSA) - ROMA, 14 OTT - - CLAUDIO MAGRIS, ''''NON LUOGO A
PROCEDERE'''' (GARZANTI, pp. 362 - 20,00 euro).
Questo ultimo libro, chiamiamolo per comodità e per il suo
fascino narrativo romanzo, per quel che questo termine oggi
significa, è un libro mondo, almeno di tutto un mondo che è
quello da cui il nostro è nato e ne è conseguenza. Libro quindi
che vive di più storie, parallele o meno, di divaricazioni,
contrasti, complessità e divagazioni, che nascono tutte però da
una stessa radice e vanno a tessere un unico disegno, a rendere
una realtà complessa e contraddittoria, ma comunque chiara. Un
libro che è un atto d''accusa, senza esplicitare nulla, ma solo
perché lo è di per sé la storia del Novecento che, come il
processo per la Risiera di San Sabba (il lager e forno
crematorio nazista di Trieste) finisce in un ''''Non luogo a
procedere''''. E allora non resta che ricordare, testimoniare il
valore della memoria che si lega anche al nome di quegli uomini
che hanno saputo sfidare il senso comune, che hanno saputo non
smettere di credere nei valori della vita umana.
La spina dorsale di queste mille e una storia, sia quelle
terribili (di guerra, morte, torture), sia quelle meravigliose
(bellissime pagine su Praga e sull''America), è un paradossale
museo delle armi ''''Ares per Irene ovvero Arcana Belli. Museo
totale della Guerra per l''avvento della Pace e la disattivazione
della Storia'''', secondo l''intitolazione che gli dava il suo
creatore, un grottesco e donchisciottesco collezionista di armi,
da un cannone a un carro armato a un sommergibile (come
scopriamo, mentre Magris ci racconta sala dopo sala), che amava
dormire in una bara tra i suoi cimeli, dove finirà incenerito da
un incendio, assieme ai suoi taccuini con i nomi
meticolosamente ricercati di spie e collaborazionisti durante
l''occupazione tedesca di Trieste. La storia di questo
personaggio (che ha, solo come punto di partenza, la figura vera
di Diego de Henriquez), il quale si racconta in una sorta di
libera autobiografia a Luisa Brook, Magris la alterna con quella
famigliare di questa donna, figlia di un''ebrea e di un soldato
americano nero (a intrecciare storie fruttifere di
discriminazioni e persecuzioni), incaricata di realizzare il
progetto per la sistemazione del museo.
La scrittura di Magris è elegante e fine, chiara e capace di
farsi poetica pur nell''affabulazione, così da trovare una
propria naturale verità in queste due storie da cui nascono
storie e altre storie in un divaricarsi e tornare a intrecciarsi
inesorabilmente e che, con la forza del loro essere comuni e
esemplari insieme, vincono la curiosità del lettore, che le
insegue di capitolo in capitolo, sino alla fine che è, come in
ogni storia sul Novecento, una non fine. ''''No. non c''è alcun
''dopo'' la Risiera; nessuno che esca incolume dall''arca, che si
culla lieve sul mare tornato tranquillo. Nessuno è sopravvissuto
al diluvio, comunque ce la raccontino, perché il diluvio non è
mai cessato e il mare è sempre furente. Solo i pesci si sono
salvati, indifferenti alle acque in tempesta''''. E i muri
imbiancati della Risiera, per cancellare denunzie e nomi
graffiti nelle celle, diventano l''emblema di tutta la storia
umana che ''''e un raschiamento della coscienza e soprattutto
della coscienza di ciò che sparisce, di ciò che è sparito.....
La Storia, la società, sono maestre di neurochirurgia e stanno
facendo rapidi progressi''''.
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