• VENERDÌ 22 SETTEMBRE 2023 - S. Maurizio martire

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Diga e gasdotto distrutti in Ucraina, perché ora la guerra fa più paura

La guerra in Ucraina non ha risparmiato persone e infrastrutture civili fin dai primissimi giorni. Dai raid sull’aeroporto di Kiev a quelli sul teatro e sull’ospedale pediatrico di Mariupol, dalla distruzione del Ponte Kerch al massacro di Bucha: questi sono solo gli esempi tristemente più celebri di un conflitto che ha ferito in maniera insanabile la “nuova” frontiera d’Europa. Per non parlare dell’orrore delle vittime civili del conflitto, che sfiorano quota 10mila. Negli ultimi giorni è toccato a un’altra infrastruttura civile di importanza strategica cadere sotto il fuoco della guerra. Anzi, a due infrastrutture cruciali: la diga che raccoglieva le acque del fiume Dnepr nelle vicinanze della città di Nova Kakhovka, nell’oblast di Kherson controllato dai russi, e la parte finale del gasdotto Togliatti-Odessa che trasportava ammoniaca dalla Russia all’Ucraina. Nel secondo caso si parla genericamente di “un’esplosione”, mentre nel primo si rincorrono le accuse reciproche. Mosca attribuisce la responsabilità del crollo agli ucraini e “documenta” le sue affermazioni, mentre dall’altro lato della barricata Zelensky punta il dito contro Putin e il “disastro da lui causato”, coadiuvato nell’accusa al Cremlino dai vertici occidentali. Anche sul numero di vittime non c’è accordo: per gli ucraini il bilancio è di cinque morti e di 13 dispersi, mentre Mosca parla di otto vittime. Intanto sono oltre 40mila i residenti evacuati dalla zona alluvionata. Cosa è successo alla diga di Nova Kakhovka Nella notte tra il 5 e il 6 giugno cade giù la paratoia principale della diga della centrale idroelettrica di Kakhovskaya. Ne è seguita una vasta inondazione nei territori più a valle, investiti da un autentico tsunami che ha costretto all’evacuazione migliaia di persone e allagato oltre 20mila ettari di campi coltivati e coltivabili a ridosso del fiume Dnepr. La produzione agricola della zona potrebbe rimanere interrotta per i prossimi cinque anni. Sono passate circa due ore dallo sfondamento della parete all’allagamento del territorio fino a Kherson, con la velocità dell’onda principale che ha raggiunto i 25 chilometri orari. Il livello dell’acqua è continuato a salire per oltre 14 ore, inondando decine di villaggi. Un’onda apocalittica. In una parola: inarrestabile. Il fronte coinvolto dal disastro è di oltre 2.500 chilometri quadrati, pari a oltre un terzo dell’intero territorio alluvionato in Emilia-Romagna (di cui avevamo parlato qui). Dopo due giorni la piena, con tutto ciò che ha incontrato e trascinato lungo il suo percorso, è sfociata nel Mar Nero. Con essa è arrivata anche un’enorme chiazza di petrolio, derivante da almeno 150 tonnellate di olio da turbina fuoriuscite della centrale idroelettrica distrutta. Un danno ambientale enorme, accompagnato a un rischio ancora più grande per la sicurezza civile: la grande onda ha smosso centinaia di mine installate dagli invasori russi sulle sponde del Dnepr, terreno di una ferocissima battaglia fino a poche ore prima (con cecchini sugli alberi, come abbiamo spiegato qui). Il rischio mortale nascosto nel fango è diventato altissimo per abitanti e soccorritori. La piena ha inoltre sommerso i quartieri meridionali della città di Kherson, capoluogo dell’omonimo oblast. Immagini che ci risultano tragicamente familiari, con tutto l’abitato stretto fra il corso principale del Dnepr e il suo affluente Kosheva. Migliaia di persone sono rimaste senza accesso ad acqua potabile e corrente elettrica e altre 16mila rischiano l’evacuazione sulla sponda destra del fiume. C’è poi un rischio ancora più atroce, che gli osservatori affermano essersi già trasformato in realtà: oltre alle mine e alle sostanze inquinanti, la piena del Dnepr ha travolto e trascinato decine e decine di cadaveri sparsi in tutta la piana alluvionale di Kherson. Una tragedia umana, ma anche un pericolo notevole per la diffusione di malattie. Si rischiano anche gravi danni agli ecosistemi per molte specie di animali e piante, ...
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